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Giorgio Bartocci

Giorgio Bartocci è uno street artist italiano nato nel 1984.

Ha iniziato a 12 anni a sperimentare sulle pareti con lo spray, usando il writing come espressione alternativa di rappresentare se stessi e il suo percorso artistico si è consolidato durante glu studi accademici presso l’Isia di Urbino per continuare a Milano, dove oggi vive e assorbe le energie e le mutazioni continue della città.

L’artista, attivo da oltre 15 anni anni dice di sè “vivo immerso in una sorta di tensione creativa che definisco il ritmo pulsante della vita quotidiana, amo interagire graficamente nella complessità delle strutture urbane. “Cercavo di essere ribelle ma coerente con un’evoluzione stilistica individuale. Non vedevo questa pratica come artistica, e tutt’ora non credo che il writing possa essere definito Arte”.

L’artista si esprime attraverso uno stile unico influenzato dall’arte preistorica primitiva e dal ruolo che ha avuto nei principali movimenti artistici del nostro secolo, come Franz Kline, Matisse, Moore, Licini Dubuffet, Burri, Die Brücke e le avanguardie.

Attraverso il suo stile istintivo, emozionale, fluidiforme, a tratti primitivo e moderno allo stesso tempo, riesce a mutare il suoi lavori rendendoli opere in continuo cambiamento, facendo aumentare o diminuire l’intensità della metamorfosi su fasce temporali dinamiche. La ricerca di Bartocci lo porta a voler arrivare ad una sintesi estrema, assorbire ancora molto dalla vita e non abbandonare l’emozione della sperimentazione fine a se stessa. Oggi sta cercando un risvolto più minimalista dalle sue produzioni e sta tentando di raggiungere una maggiore astrazione dei suoi personaggi, senza perdere identità.

Le tecniche utilizzate sono molte: per le opere su parete utilizza rulli di vari formati su prolunghe colorando con smalti e tempere al quarz. Per quanto riguarda le scelte cromatiche, invece, “Con il nero ed i grigi ho voluto instaurare un rapporto interiore con lo spettatore, spesso molto inquieto, fa parte della mia attitudine iconografica”. Per lui le scale di grigio rispecchiano la sensazione “concreta” dell’urbanistica metropolitana occidentale. “Sono non colori, li idealizzo come tensioni nell’ombra di ognuno di noi, nelle città dove viviamo, nella cultura visiva che ci è stata imposta”. Le forme fluide, eccentriche e colorate spesso interrompono la linea tensiva creata dai colori.

Oltre a lavorare su superfici molto grandi, Giorgio realizza dei lavori in scala ‘più piccola’ ma, come dice lui, “sono molto più entusiasta del mio lavoro quando ho la possibilità di realizzare grandi formati, esprimo con più coerenza la mia attitudine, il gesto diventa più importante, il colpo d’occhio aumenta e l’emotività supera la coerenza. Delle volte mentre dipingo una grande parete mi sembra di ballare, i movimenti delle mani vanno da soli, sono liberi, come automatici, razionale è il prodotto, casuale la produzione dello stesso”.

 

(Fonti: Profilo facebook dell’artista e ossomagazine.com)

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