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Peeta

Peeta, Manuel Di Rita, è cresciuto in una cittadina della provincia di Venezia e si fa conoscere dal principio degli anni ’90 nella scena italiana del writing.

La sua evoluzione si concretizza nella finale elaborazione di uno stile che prende spunto dalla scultura e dal design industriale e giunge ad una personale esecuzione della pittura prima tridimensionale e poi anamorfica. Fa parte dell’EAD crew di Padova, dell’FX crew e dell’RWK crew, entrambe di New York.

Nato e cresciuto come graffiti writer, è oggi un artista multidisciplinare attivo nell’ambito della pittura, della scultura e del muralismo. Le sue opere lo hanno spinto, negli anni, ben oltre i confini italiani e la sua arte, attraverso festival e mostre di risonanza mondiale, è ormai approdata in tutti i continenti.

L’obiettivo delle composizioni (pittoriche, scultoree e murali) dell’artista è l’interazione geometrica delle forme con l’ambiente circostante. Il suo fine nel dipingere su parete, in particolare, è sempre stato quello di dialogare con il contesto confinante, architettonico o meno, secondo i parametri strutturali e culturali che lo caratterizzano.

All’inizio, i suoi lavori cercavano semplicemente di esprimere le qualità plastiche delle singole lettere e nel particolare di quelle che compongono il mio pseudonimo Peeta. Successivamente, questa fusione tra lettering puro e stile tridimensionale si è evoluta fino a creare un equilibrio compositivo visualmente ritmato. Ad oggi, tramite la pittura anamorfica, che ridisegna illusoriamente i volumi delle superfici coinvolte, l’intento delle opere è quello di determinare una temporanea sospensione della normalità suscitando la percezione alterata di contesti familiari e dunque una nuova concezione degli spazi e della realtà tutta.

Metaforicamente, il tentativo è quello di neutralizzare i preconcetti e sollecitare la nascita di nuovi punti di vista. L’anamorfismo incarna nel modo più assoluto l’intento, da sempre presente nelle sue produzioni, di svelare l’ingannevolezza della percezione umana, attraverso giochi ottici che, partendo dal tentativo di dare una parvenza tridimensionale ad una rappresentazione pittorica, finiscono per voler svelare la loro capacità di ingannare. Proprio l’anamorfismo lo ha portato a modificare le forme della sua pittura, le quali, nel tentativo di interagire con i moduli più tradizionali delle strutture architettoniche, sono mutate da figure morbide e irregolari a solidi geometrici.

Da sempre parallela alla sua attività pittorica, la scultura risulta fondamentale per tutte le sue produzioni in quanto rappresenta per natura intrinseca una possibilità di contatto diretto con la tridimensionalità e, quindi, una fonte di studio al fine di migliorare la comprensione delle forme e del rapporto della luce con le superfici.

(Fonte: www.peeta.net)

 

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